Pietro d'Abano
Pietro d'Abano fu un personaggio assai controverso della vita culturale padovana a cavallo tra duecento e trecento.
Nato intorno al 1250 si dedicò allo studio della medicina e, spinto probabilmente dall'amico Marco Polo, si recò a Costantinopoli dove soggiornò a lungo.
Imparò il greco e l'arabo, potendo così conoscere l'opera di Averroè, di Avicenna e di Galeno. Approfondì le sue conoscenze di fitoterapia e sviluppò una teoria sull'influenza dell'astrologia sulle vite umane.
Per questo si basò sul pensiero di Tolomeo, ritenendo che tutto ciò che accade nel cosmo si dovesse riflettere nel microcosmo del corpo umano.
La visione della medicina come sintesi di tutte le scienze, dalla filosofia all'astronomia all'alchimia, lo portarono ad essere tacciato di eresia e negromanzia e ad essere considerato per secoli non tanto uno studioso, ma una sorta di "mago".
Nonostante la fama e la considerazione che il suo approccio alla medicina, che oggi definiremmo olistico, gli procurarono, portandolo ad insegnare prima all'Università di Parigi e poi, dal 1306, ad ottenere una cattedra all'Università di Padova, in deroga ad una norma che vietava l'insegnamento ai padovani, la Chiesa lo considerò sempre uno pericoloso eretico e, fino alla morte, i Domenicani della città cercarono di processarlo e condannarlo.
Le sue influenze sulla vita cittadina non si limitarono però all'ambito scientifico, ma a tutto il nascente fermento culturale e artistico della città, il cui Rinascimento si andava realizzando in anticipo rispetto al resto dell'Italia.
All'inizio del '300 Giotto soggiornò per 2 volte a Padova: la prima dal 1303 al 1305 per affrescare la Cappella degli Scrovegni, la seconda probabilmente intorno al 1312 per dipingere nel Palazzo della Ragione un ciclo di affreschi di tema astrologico, sicuramente influenzati nella simbologia e nell'iconografia dal pensiero di Pietro.
Questi affreschi sono andati perduti nell'incendio del 1420 anche se i temi espressi negli attuali dipinti quattrocenteschi rimangono gli stessi.
Il pensiero di Pietro d'Abano rimane anche nelle sue opere, come il "Conciliator differentiarum philosopharum et praecipue medicorum", sopravvissute alle persecuzioni dei frati che, non riuscendo a condannarlo da vivo, ne mandarono al rogo la salma un anno dopo la morte, avvenuta nel 1315.