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Gabriele Moreno Locatelli

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Un uomo che ha dato la vita per la pace in Bosnia

Moreno Locatelli nacque il 3 maggio del 1959 a Canzo, in provincia di Como.

Dopo il biennio di ragioneria, andò a lavorare a Longone come operaio metallurgico. In questi anni cominciò la sua assidua frequentazione dell’oratorio parrocchiale e la sua militanza nell’Azione Cattolica.

A 19 anni decise di entrare nell’Ordine francescano dei frati minori rinnovati e per sette anni visse la povertà francescana assistendo i più bisognosi in varie parti d’Italia e a Parigi. Nel dare i voti, assunse il nome di frate Gabriele.

Gabriele Moreno Locatelli

Nel 1991 svestì l’abito religioso e ritornò a Canzo. Proseguì da laico il suo impegno di accoglienza dei più poveri operando con l’Associazione “CasAperta”. A Brescia ristrutturò una casa ricevuta in comodato dai frati Carmelitani scalzi, dove assisteva profughi, immigrati e anziani.

Dall’incontro con l’associazione padovana “Beati i costruttori di Pace” scaturì il suo impegno fattivo in favore della pace nella ex–Jugoslavia. Nel dicembre 1992 manifestò a Sarajevo per una soluzione pacifica tra le etnie bosniache e serbe. Tornò una seconda volta in Bosnia per partecipare all’azione “Si vive una sola pace - Mir Sada”: a Sarajevo, nell’incubo dell’assedio, si prodigò nell’assistenza alle persone sole, anziane e ammalate, distribuendo viveri e posta.

Il 3 ottobre 1993, in compagnia di altri quattro pacifisti (padre Angelo Cavagna, Luigi Ceccato, Luca Berti e Pier Luigi Ontanetti), decise di attraversare il ponte Vrbanja sul torrente Miljacka, che collegava due zone della città controllate dalle forze bosniache e da quelle serbe. Volevano deporre una corona di fiori sul luogo della prima vittima di quella guerra (la giovane Suada Dilberović, uccisa nell’aprile 1992 durante le prime manifestazioni per la pace a Sarajevo) e offrire del pane ai soldati delle parti avverse, schierati sulle due sponde del fiume.

Mentre i manifestanti stavano attraversando il ponte, Gabriele Moreno Locatelli fu raggiunto dai colpi sparati da un cecchino. I soccorsi e due interventi chirurgici non valsero a salvargli la vita. Il suo ultimo pensiero fu per i suoi compagni: «Stanno tutti bene?»

Una via nel quartiere Grbavica di Sarajevo porta oggi il suo nome e sul ponte Vrbanja è stata posta una lapide che lo ricorda.

Nel 2011 gli è stato dedicato un albero nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova e nel 2015 anche nel Bosco dei Giusti di Solaro (MI).

Ultimo aggiornamento: 24/2/2025

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